IL DIAMANTE OGGI

 

The Diamond today

 

bandiera-inglese

 

 1 - Introduzione: le gemme

 2 - Il diamante

      2.1 - La gemma delle gemme

      2.2 - Il nome

      2.3 - Che cosa é

      2.4 - Come si forma

 3 - Caratteristiche

      3.1 - Il diamante è un minerale.

      3.2 - Durezza

      3.3 - Sfaldatura

      3.4 - Dispersione e fuoco

      3.5 - Altre caratteristiche

      3.6 - Inclusioni

 4 - I giacimenti diamantiferi

      4.1 - Giacimenti primari

      4.2 - Giacimenti secondari

 5 - Un diamante piccolo piccolo.

 6 - Diamanti colorati

 7 - Quanti tipi di diamanti

 8 - La valutazione del diamante

      8.1 - Caratura

      8.2 - Colore

      8.3 - Purezza

      8.4 - Taglio

 9 - Le Imitazioni del diamante

10 - Diamanti sintetici

11 - Diamanti rinforzati (enhanced)

12 - La storia della Moissanite

13 - Il commercio del diamante

14 - Bibliografia

 

1 -Introduzione: le gemme

 

Le gemme generosamente dotate di splendore e colore, pare facciano parte a se, isolate dalle comuni creazioni della natura.

Il fascino esercitato dalle belle pietre, sino dall'inizio della civiltà, ha dato luogo a numerose teorie sulla loro origine, compresa l'affascinante idea che esse si riproducessero sessualmente. Gli antichi pensavano che esse avessero un'origine soprannaturale e assegnarono loro ogni tipo di potere; ed appena nel XVII secolo gli scienziati, per bocca del fisico inglese Robert Boyle, giunsero alla conclusione che le gemme erano un raro e nobile prodotto della natura.

Esse appartengono al mondo dei minerali e si formano in natura spontaneamente senza l'intervento dell'uomo, anche se molte delle attuali pietre artificiali sono di gran pregio e quelle sintetiche sono talvolta pressoché indistinguibili da quelle naturali.

Le modalità di formazione dei minerali, i cosiddetti processi genetici, possono essere ricondotte alla più generale genesi delle rocce, che sono appunto associazioni di minerali. Per comodità di classificazione le rocce si dividono in magmatiche (o ignee), metamorfiche e sedimentarie, anche se non mancano tutti i termini di passaggio fra le une e le altre.

Le gemme di solito si formano in condizioni ambientali particolari entro e sotto la crosta terrestre. Le condizioni genetiche necessarie alla loro formazione variano molto, da un tipo di gemma all'altro, ma quasi tutte hanno bisogno che certi elementi costitutivi si combinino tra loro in una data proporzione, ad altissima temperatura e pressione, poi che si raffreddino e solidifichino a velocità particolari esattamente per un dato periodo di tempo. Le probabilità che si verifichino contemporaneamente tutti questi fattori sono bassissime di qui la rarità delle gemme.

Bellezza, durata e rarità sono quindi i caratteri distintivi di una gemma.

 

2 - Il diamante

 

2.1 - La gemma delle gemme

 

I primi diamanti provenivano dall'India. Erano estratti da 3 diversi depositi alluvionali, ma l'area di estrazione più importante era Golconda. Questa non era una miniera ma un importante centro commerciale il cui nome fu dato ad un distretto nel Sud del Paese che produsse molte pietre famose. Alcune di queste gemme sono note ancora adesso mentre la sorte di altre é sconosciuta. Ogni gemma ha lasciato una scia di tradimenti, intrighi, omicidi, guerre. Il più famoso di questi diamanti antichi é il Koh-i-Nur che, dopo essere stato nuovamente tagliato, pesa 108,83 carati e fa parte dei gioielli della Corona britannica. Il Gran Mogul (180 carati), descritto dettagliatamente dal mercante di gemme francese Tavernier a metà del diciassettesimo secolo, si é perso dopo il saccheggio di Dehli nel 1739.

Il Blue Hope (45,52 carati), che racchiude una lunga storia di tragedie e disastri, occupa una posizione di rilievo nell'esposizione dello Smithsonian Institution di Washington D.C.

Con la scoperta nel 1725 di diamanti in ghiaie fluviali in Brasile, quel paese divenne e rimase per 140 anni il più grande produttore di diamanti al mondo. Nel 1866 furono scoperti diamanti in Sudafrica, prima in ghiaie fluviali e poco dopo in camini diamantiferi, la roccia in cui si formarono. Durante i successivi 100 anni vennero scoperti numerosi depositi di diamanti, sia alluvionali sia in giacimenti primari in una dozzina di Paesi africani, anche se il Sudafrica rimane il più grande produttore africano di diamanti. Fu proprio in questo Paese, nella miniera Premier, che nel 1905 venne trovato il più grande diamante di qualità gemma, il Cullinan (3106 carati).

In anni più recenti molti diamanti provengono dalla Russia. Sebbene si tratti di dati inattendibili, si stima che la Russia produca circa il 13% della produzione mondiale e che sia in continua espansione. Nel 1995 la produzione mondiale di diamanti ammontò a 108 milioni di carati e la disponibilita é in aumento. Ogni anno ci sono notizie di nuove scoperte e la produzione di vecchie miniere aumenta. Ad esempio, il Botswana produce circa il 17% dei diamanti mentre l'Australia produce attualmente circa il 12% della produzione diamantifera mondiale, sia come gemme sia come diamanti industriali.

Il 75% circa dei diamanti prodotti sono di grado industriale e non sono utilizzabili come gemme.

 

2.2 - Il nome

 

Il termine diamante deriva dalla parola greca adamas = invincibile, che era probabilmente applicata dai greci a ogni pietra dura, ad esempio il corindone. Il primo riferimento inequivocabile al diamante di trova nella letteratura latina del I secolo d.C.

I diamanti conosciuti dai romani provenivano senza dubbio dall'India che, fino al XVIII secolo, era il solo paese esportatore di queste pietre

 

2.3 - Che cosa é

 

Il diamante è la forma cristallina del carbonio, usata sia come pietra preziosa in gioielleria sia per varie applicazioni industriali.

Si presenta in forme diverse: oltre al diamante propriamente detto, si distinguono il bort, un tipo di diamante cristallizzato in modo imperfetto, estremamente duro e di colore scuro; il ballas, una massa compatta e sferica di minuti cristalli di diamante; e il carbonado, talvolta chiamato diamante nero, una forma opaca grigiastra o nera priva di sfaldature.

Carbonado, ballas e bort sono impiegati per il taglio e la levigatura della pietra, per le corone di taglio delle aste di perforazione petrolifera e nella fabbricazione di utensili particolari.

 

2.4 - Come si forma

 

Il diamante - carbonio puro allo stato cristallino - è senza dubbio la gemma che si forma a maggiore profondità. Quasi certamente questo processo inizia tra i 145 e i 200 Km sotto la superficie terrestre, nella parte superiore del mantello, la zona di quasi 3.000 Km di spessore posta tra il nucleo interno - allo stato fuso - e la crosta esterna solida. Si ritiene che la parte superiore del mantello sia formata da rocce ad elevato peso specifico, ricche di ferro e magnesio, in particolare da peridotiti scure a grana grossa, intervallate in molte zone con materiale fuso detto magma.

Da tentativi di sintesi in laboratorio, risulta che sono necessarie temperature di almeno 1.500°C e pressioni di 70.000 Kg/cm2, 65.000 volte la normale pressione atmosferica - per far cristallizzare gli atomi di carbonio nella sua forma più pregiata.

Gli studiosi però sono d'accordo solo nelle linee generali sul processo che porta alla formazione dei diamanti in queste recondite profondità e sul loro trasporto verso la superficie.

Le ipotesi più accreditate affermano che la maggior parte dei diamanti si formarono più di 990 milioni di anni fa, nelle viscere della terra, da due tipi di rocce: peridotiti ed eclogiti. Furono accumulati alla base dei cratoni per vari periodi di tempo - taluni anche per 3200 milioni di anni - prima di essere trasportati in superficie. Le due rocce tipo, usualmente associate ai diamanti, kimberlite e lamproite, sono solo il meccanismo che portarono i diamanti in superficie e non sono in alcun modo relazionate alla formazione dei diamanti.

Da studi isotopici (Mottana, 1990), che permettono la datazione delle rocce per mezzo dei minerali in esse contenuti, è emersa un'altra strabiliante novità: sulla base del rapporto 40Ar/39Ar i diamanti cubici dello Zaire hanno dato un'età di 5.8-6.0 Ga, che è maggiore dell'età della Terra stessa (4.53 Ga)!

Si è pertanto affermata l'ipotesi, sconvolgente dal punto di vista cosmologico, che i diamanti contengano intrappolata una porzione di gas interstellare, ereditata dal processo di condensazione con cui la nebulosa da cui è derivata la nostra galassia si è progressivamente trasformata in un corpo solido.

Quest'ultima ipotesi, per quanto. fantascientifica possa sembrare, affascina tanto diamantologi quanto cosmologi, poiché proprio in questi ultimi tre anni si è constatata la presenza di microdiamanti nelle meteoriti e quindi se ne è potuta affermare con certezza la presenza nella polvere cosmica.

 

3 - Caratteristiche

 

3.1 - Il diamante è un minerale.

 

I minerali sono composti uniformi di elementi chimici ed oltre a determinati rapporti fissi che li caratterizzano, la maggior parte di essi possiede una ben precisa disposizione geometrica spaziale degli atomi che la costituiscono.

Questa invisibile e particolare geometria atomica dà origine ad una delle più notevoli caratteristiche dei minerali e quindi anche delle gemme: la loro struttura cristallina.

Le varie forme cristalline delle gemme sono l'espressione esterna di un preciso ordine interno: una distribuzione regolare e tridimensionale degli atomi costituenti il minerale. Dipendendo quest’ultima dalle proprietà degli elementi presenti, lo schema fondamentale della struttura cristallino è un carattere,distintivo di ogni minerale. Per classificare queste diverse distribuzioni atomiche i cristallografi hanno identificato la cella elementare, cioè la più piccola forma geometrica di atomi collegati tra loro che è ripetuta miliardi di volte in tutto il cristallo.

La cella elementare del diamante è quella cubica a facce centrate.

 

Nel reticolo cristallino del diamante, gli atomi di carbonio sono ordinati in modo che ognuno di essi risulti al centro di un tetraedro al cui vertici sono posti gli atomi contigui. La distanza minima tra i nuclei dei due atomi di carbonio nel reticolo è di soli 0.1542 Å (1 Angstrom = un milionesimo di mm). Il legame covalente, con un raggio così piccolo, e la disposizione cubica compatta, fanno del diamante il materiale più duro che si conosca.

La densità varia da 3,15 a 3,53, e nei cristalli più puri è quasi sempre 3,52.

La cella cubica impone ben precise e limitate forme di accrescimento cristallino: l'ottaedro è la più frequente, seguito dal rombododecaedro e da altre forme più complesse. In contrasto con la forma geometrica ideale, i cristalli reali si presentano quasi sempre deformati, arrotondati agli spigoli ed ai vertici e con le superfici ricurve, distorti o geminati; sono frequenti sulle facce e sugli spigoli le figure geometriche di accrescimento o corrosione dette trigon.

In figura le forme più comuni del diamante grezzo.

 

3.2 - Durezza

 

La durezza di un minerale si misura solitamente con riferimento alla scala di Mohs nella quale 10 composti naturali sono ordinati in modo che ognuno riesca a scalfire quello del gradino inferiore senza esserne ovviarmente scalfito.

Il diamante occupa il punto più alto della scala, indicato con il numero 10; e quindi non può essere scalfito da nessun altro materiale se non da se stesso. Il diamante, rimane per ora la più dura tra le sostanze naturali e sintetiche conosciute pur manifestando contemporaneamente, una spiccata fragilità: un debole colpo di martello può ridurlo in briciole.

 

3.3 - Sfaldatura

 

Unitamente alla fragilità bisogna considerare la sfaldatura, un'altra caratteristica del diamante, che gli comporta la possibilità di subire più facilmente fratture secondo determinati piani. La sfaldatura è facilmente riconoscibile in quasi tutti i cristalli che la presentano ed avviene lungo i piani corrispondenti al più deboli legami interatomici. Nel diamante si produce soltanto secondo i piani dell'ottaedro e viene sfruttata nel taglio del grezzo.

 

3.4 - Dispersione e fuoco

 

Dispersione e fuoco sono due importanti caratteristiche del brillante. Sono relazionate all’indice di rifrazione ed alla dispersione più alte per il diamante che per qualunque altra pietra naturale trasparente e incolore.

La dispersione è la diversa rifrazione subita dalle varie lunghezze d’onda della luce bianca nel passare da un mezzo ad un altro: un materiale incolore decompone la luce bianca in uno spettro di sette colori. Il fuoco è l’ effetto luminoso e colorato prodotto dalla scomposizione della luce che attraversa un diamante.

 

3.5 - Altre caratteristiche

 

Altre caratteristiche del diamante, pur non aggiungendo nulla all'aspetto, sono spesso utili per identificare la pietra, per verificarne l'autenticità e per distinguere i veri diamanti dalle imitazioni. Essendo eccellenti conduttori di calore, ma non di elettricità, risultano freddi al tatto e si caricano positivamente quando vengono strofinati. A differenza delle imitazioni, i diamanti sono trasparenti ai raggi X e particolarmente resistenti all'attacco da parte degli acidi e degli alcali.

I cristalli trasparenti, riscaldati in presenza di ossigeno, bruciano a circa 800°C, liberando anidride carbonica.

 

3.6 - Inclusioni

 

Il diamante perfettamente trasparente, di qualunque colore sia, costituisce una rarità.

La trasparenza, è molto frequentemente diminuita dalla presenza di inclusioni di vario genere: minerali, fessurazioni, spacchi, e fratture di varia origine. Non c'è da meravigliarsi, quindi, se solo il 25% della produzione mondiale di diamante è adatto alle gioiellerie.

Se da un lato le inclusioni microscopiche peggiorano l'aspetto della pietra, dall'altro forniscono ai mineralogisti preziose informazioni sui materiali che cristallizzano nelle irraggiungibili e remote viscere della terra. Al microscopio appaiono in gran parte nere, ed erano perciò identificate come grafite. Con uno strumento moderno, la microsonda elettronica, esse possono essere determinate di precisione anche se hanno soli 2 o 3 µm di dimensione maggiore. La grafite vi è rara, mentre la maggior parte è data da granato e pirosseno.

 

4 - I giacimenti diamantiferi

 

I giacimenti diamantiferi si distinguono in primari e secondari.

 

4.1 - Giacimenti primari

 

Nei giacimenti primari il diamante si trova principalmente nei cosiddetti camini diamantiferi sottili formazioni di rocce vulcaniche, a forma di imbuto (pipes in inglese), distribuite per chilometri attraverso la crosta terrestre, dal mantello superiore alla superficie, ad opera di antiche eruzioni vulcaniche. I cristalli si rinvengono ancora avvolti in una roccia che li ha trasportati verso la superficie della crosta terrestre: la kimberlite. Oltre al magma solidificato di vario genere, la kimberlite (composta essenzialmente da olivina forsterite, mica flogopite e granato piropo) contiene frammenti di roccia strappati dalla pareti del condotto lungo il quale è risalita e trascinati nel suo violento progredire verso l'alto; questa, inoltre, mostra effetti di ossidazione e di alterazione dovuti alle acque superficiali.

La conclusione è evidente: la kimberlite ha pescato a caso, attraversando il mantello, tra strati a composizione peridotitica e stati a composizione eclogitica, che contengono entrambi diamanti, che è quindi un minerale caratteristico e ben distribuito in tutte le porzioni profonde della nostra Terra. Questa è l'ipotesi più accreditata in contrasto con quella che voleva i diamanti formatisi nella kimberlite stessa a partire da materiale inizialmente contenutovi allo stato fluido. In qualsiasi modo si realizzi il processo, pare non sia più attivo. Da 15 milioni di anni infatti non si sono più formati nuovi camini diamantiferi.

 

4.2 -Giacimenti secondari

 

La formazione dei giacimenti secondari è invece collegata all'alterazione e al disgregamento della roccia che contiene i diamanti, causati dagli agenti atmosferici (sole, pioggia, variazione della temperatura, venti) attraverso milioni di anni, al trasporto dei prodotti del disgregamento ad opera dei fiumi e dei venti ed al loro depositarsi in luoghi anche molto lontani da quelli di origine.  Questi ultimi sono quindi dei veri e propri depositi alluvionali ed eolici che si sono costituiti lungo valli scavate dalle acque, all'interno delle anse dei fiumi dove la corrente è più debole, in pianure desertiche dove i venti possono accumulare dune e perfino nel mare, alla foce dei fiumi che sono passati e passano tutt'ora nelle regioni diamantifere (Gumey et al. 1991).

 

Dal tempi remoti del recupero dei diamanti in India fino alla scoperta dei grandi giacimenti sudafricani, si conoscevano e venivano sfruttati esclusivamente giacimenti secondari. L'estrazione avveniva con mezzi rudimentali: con piccone e pala si rimovevamo quantità enormi di agglomerati, brecce e sabbie per poi lavarli, setacciarli ed infine recuperare a mano i diamanti. Per accedere alle sacche diamantifere si arrivava a deviare ruscelli e fiumi, servendosi delle stesse acque per il lavaggio. Nella stessa maniera si procedette inizialmente anche in Sudafrica fino a quando nel 1890 ci si accorse che certi giacimenti si estendevano anche in profondità: nella lunga storia del recupero dei diamanti, ci si trovava per la prima volta di fronte ad un giacimento primario.

 

La scoperta avvenne presso un paese che doveva poi diventare l'attuale città di Kimberley. I diamanti, in quella località si trovavano in un terreno corroso e limaccioso, di colore giallastro che a 20-40 metri di profondità si trasformava in una roccia compatta, nerobluastra; ad un livello ancora inferiore, intorno ai 500 m, si identificò più tardi la roccia diamantifera originaria che fu appunto chiamata kimberlite.

 

Scoperti in Brasile, Canada, Africa, India, Siberia, Australia  e Cina, i giacimenti diamantiferi di kimberlite si trovano soltanto nelle regioni continentali più antiche e più stabili, lontano dalle zone in movimento dove le zolle rigide che formano la crosta terrestre si allontanano, si stritolano una contro l'altra oppure collidono. Sotto questi scudi continentali non disturbati, la crosta è più spessa e il suo peso crea pressioni abbastanza elevate da formare diamanti nella parte superiore del mantello la zona da cui è stato eruttato il magma che ha poi generato la kimberlite.

 

5 - Un diamante piccolo piccolo

 

I diamanti più piccoli, microcristalli inferiori al mezzo millimetro, sono stati a lungo ignorati perché difficili da estrarre e considerati inutili. Negli ultimi anni i microdiamanti hanno però risvegliato un interesse sia industriale che scientifico.

Per l’industria sono gli abrasivi perfetti, che attaccati a una lama la rendono capace di tagliare come il burro i materiali più resistenti. Per la scienza rappresentano un enigma: da tempo i geologi hanno capito che essi non si sono formati insieme ai grandi diamanti con cui spesso coabitano, ma la loro origine è ancora dibattuta. La varietà di forme dei microdiamanti può essere utilizzata dai geologi come indicatore della qualità e della ricchezza dei depositi diamantiferi. I microdiamanti hanno tuttavia fatto la loro comparsa in luoghi inconsueti. Sono presenti in alcune rocce continentali norvegesi che non sono mai state sottoposte alle temperature e pressioni necessarie per la formazione del diamante.

Lo spazio è però il posto più interessante in cui sono stati trovati. Oltre ad essere presenti in alcune meteoriti, i microdiamanti sono stati osservati anche nelle dense nubi molecolari dello spazio interstellare, dove si formano grazie a complesse reazioni chimiche.

Le possibili forme dei microdiamanti sono quasi infinite, anche se ogni giacimento ne ha una dominante. Si trovano cristalli arrotondati, probabilmente risultato della corrosione e della deformazione. Altri sono ottaedri perfetti, e a volte si trovano cristalli raggruppati, che per i geologi sono segno dell’abbondanza di carbonio al momento della loro formazione.

Al microscopio elettronico i microdiamanti rivelano una complessità affascinante. Nonostante la loro densità, la superficie di questi cristalli è idrofuga (odia l’acqua), tanto che possono tranquillamente galleggiare.

                      

6 - Diamanti colorati 

 

Il colore è un elemento molto importante, che influisce sulla bellezza e sul valore del diamante.

I cristalli naturali presentano in genere una tonalità di colore quasi sempre gialla, che può variare da una gradazione assai tenue ad una colorazione intensa.

Il termine variamente colorato - fancy colours - si riferisce ad un diamante con un colore naturale abbastanza forte da poter essere considerato un attributo al suo aspetto.

Deboli colorazioni di giallo, grigio, marrone, sono considerate poco desiderabili e diminuiscono la bellezza ed il valore del diamante, mentre toni forti di giallo, arancio. marrone, grigio, blu, rosa e rosso aumentano la gradevolezza della gemma e ne favoriscono un aumento di valore. L'aspetto dei diamanti colorati non può essere paragonato a quello delle altre gemme naturali; la bellezza, la brillantezza e la dispersione di un diamante ben tagliato in combinazione con i colori spettrali, migliorano il già magnifico aspetto.

I diamanti naturalmente colorati debbono la loro colorazione a impurità e difetti che si sono impostati nel reticolo durante la crescita del cristallo. Le impurità più comuni sono Azoto e Boro.

L'azoto, ad esempio, in atomi isolati, in sostituzione del carbonio, o come raggruppamenti compatti di atomi vicini, è una delle cause delle varie tonalità del giallo - giallo arancio che si osservano nei diamanti naturali.

Il boro invece è responsabile della colorazione blu. Il colore marrone è attribuito a difetti strutturali del reticolo, mentre il colore verde deriva da irradiazioni naturali originate da minerali di uranio e torio, situati in prossimità della pietra.

 

7 - Quanti tipi di diamanti

 

In relazione a certe caratteristiche i diamanti si possono dividere in due tipi: I e II.

 

Il tipo I si suddivide in Ia e Ib ed a sua volta il tipo II si suddivide in IIa e IIb.

 

Tipo Ia

Diamanti che contengono azoto fino a rapporti di circa 1/1.000, sotto forma di platelets se la concentrazione è elevata. A questo tipo appartiene la maggioranza dei diamanti naturali.

Tipo Ib

0,1% dei diamanti naturali. I diamanti sintetici sono quasi tutti di questo tipo.

Tipo IIa

Diamanti con insignificante contenuto di azoto.

Tipo IIb

Diamanti contenenti atomi di boro. Questo elemento è trivalente, mentre il carbonio è tetravalente; rimangono quindi degli elettroni liberi che favoriscono la semiconducibilità. Tutti i diamanti azzurri e blu appartengono al tipo IIb.

 

La differenza dipende soprattutto dalla presenza, nel reticolo cristallino, di atomi estranei diversi, e si riflette nell'assorbimento nell'ultravioletto e nell'infrarosso, nella trasmissione della luce, nella conducibilità elettrica e termica, nell'abito cristallino e nella sfaldatura.

 

Tutti i diamanti del tipo I contengono azoto. Nel gruppo Ia il rapporto azoto-carbonio è variabile; quando si aggira attorno al 1:1.000.000 le pietre assumono una colorazione gialla, diventano invece verdastre se la concentrazione è maggiore. Quando il rapporto azoto-carbonio si aggira attorno ad 1:1.000 gli atomi di azoto si raggruppano in piccoli agglomerati, che gli americani chiamano platelets; in questo caso l'assorbimento non ha più luogo nella banda del blu, ma in quella dell'ultravioletto, a noi invisibile, ed i diamanti di questo gruppo appaiono incolori. Il tipo Ib, invece, è costituito da pochi diamanti che contengono un'elevata percentuale di azoto che rimane finemente suddivisa nel reticolo cristallino; le pietre appartenenti al gruppo Ib sono anche paramagnetiche, ossia poste in un campo magnetico assumono un magnetismo orientato di intensità pari al campo stesso.

 

I diamanti del tipo II non contengono azoto, se non in tracce assolutamente insignificanti. Malgrado ciò, per ragioni non ancora ben chiaríte, manifestano ugualmente un forte assorbimento nella banda del blu.

 

Al tipo IIa appartengono diamanti dalla colorazione generalmente marrone, molto raramente incolori.

 

Al tipo IIb vengono assegnati quei cristalli che contenendo, sia pure in casi del tutto eccezionali, tracce di boro, assumono una colorazione blu a volte molto bella: questi cristalli, oltre al colore azzurro hanno anche la caratteristica di essere semiconduttorí.

Per i diamanti trovati nelle meteoriti, infine, è stato costituito un tipo III che corrisponde alla lonsdaleite, denominazione proposta da Frondel e Marvin, scopritori di questo minerale nella meteorite caduta vicino al gran-de cratere presso Canon Diablo in Arizona, in onore della celebre cristallografa inglese Kathleen Lonsdale.

E' ben difficile, in ogni modo trovare in natura dei diamanti che corrispondano esattamente ad uno dei tipi sopradescritti; il caso più frequente è quello della prevalenza delle caratteristiche di un tipo.

Questa commistione di situazioni reticolari diverse, tra l'altro, è una delle cause della birifrangenza anomala che si può osservare spesso nei diamanti del tipo I, mentre è di raro riscontro in quelli del tipo II che sono pressoché privi di anomalie del reticolo.

 

8 - La valutazione del diamante

 

L'unicità di ogni diamante richiede un'analisi individuale, basata su parecchi elementi di valutazione.

  

Criteri standard fondamentali, riconosciuti internazionalmente, sono i cosiddetti 4C:

     

Caratura – Carat - Colore – Colour - Purezza - Clarity - Taglio - Cut

 

8.1 - Caratura (Carat)

 

Il peso di tutte le gemme, e perciò anche dei diamanti si esprime in carati metrici. Il carato ha la sua origine in un’unita peso naturale: il seme del carrubo, dal peso sorprendentemente regolare. I diamanti furono sempre pesati con questi semi, finché il sistema non venne standardizzato e il carato fissato a 200 mg, cioè a 1/5 di grammo. I diamanti piccoli e piccolissimi sono misurati in punti, cioè in centesimi di carato.

Il peso influisce progressivamente sul prezzo, perché le pietre grandi sono relativamente più rare. Tuttavia, una piccola pietra della più elevata qualità può essere notevolmente più costosa di una pietra più grande di qualità inferiore.

 

8.2 - Colore (Color)

 

Già da molto tempo si sono classificati e definiti i singoli colori. Il Nordamerica è stato pioniere in questo campo, probabilmente a causa della elevata quota di importazione di diamanti per ornamento, che ammonta al 75% della produzione mondiale. Qui le definizioni di colore si sono stabilite per la prima volta come codificazione affermatasi fino ad oggi a livello internazionale e adottata da diversi paesi europei - Germania, Inghilterra, Svizzera, Scandinavia.

Lo sviluppo degli strumenti elettronici per la misura del colore ha fatto si che tali originali definizioni di colore fossero integrate da numeri o sistemi di lettere, ma non sostituite; cosicchè ancora oggi conservano validità le difinizioni originali, i cosiddetti old terms (vecchi termini).

Nella serie da incolore a giallo i gradi di colore secondo gli "old terms" sono:

 

River - Top Wesselton  - Wesselton

 

Top Crystal – Crystal - Top Cape

 

Light Yellow - Yellow.

 

La maggior parte di queste definizioni, che si sono conservate fino ad oggi, si riferiscono a luoghi di provenienza dei diamanti: sono infatti i nomi delle antiche miniere di diamanti. Così per i diamanti provenienti da fiumi (river) o da giacimenti alluvionali si è tramandato il termine River. Queste pietre presentavano un colore migliore dei diamanti provenienti dai camini diamantiferi

La miniera Wesselton produceva diamanti prevalentemente di qualità migliore di quelli lievemente giallini delle miniere vicine, cosicchè Wesselton divenne la definizione dei diamanti incolori. Il nome crystal potrebbe essere derivato da cristallo, per indicare la debole saturazione di giallo. Il termine Cape deriva da Cape of Good Hope (Capo di Buona Speranza ), un territorio costiero che attualmente fa parte dell'Unione Sudafricana. Poiché le pietre di questa provenienza erano in media più' intensamente gialle di quelle indiane e brasiliane, i diamanti con più forte saturazione di giallo furono designati come Cape.

Attualmente la scala più in uso è Scala di colore americana del Gemological Institute of America (GIA). Questa è una scala letteraria che va dalla lettera D, il diamante incolore migliore, via via sino alla lettera Z, i diamanti fortemente colorati.

 

8.3 - Purezza (Clarity)

 

Pochissimi diamanti possono essere ritenuti del tutto privi di inclusioni. Le inclusioni sono piccole impurità naturali: minerali, o fenditure inglobate nel diamante, che tuttavia sono quasi sempre praticamente invisibili.

Fondamentale per la valutazione della purezza è una lente capace di 10 ingrandimenti. Se un diamante, a 10 ingrandimenti, non contiene imperfezioni, è classificato internamente puro e rappresenta perciò il più alto grado di purezza.

I termini usati nella scala della purezza mostrano come siano piccole le differenze riferite a questo elemento di classificazione.

 

IF

internamente puro ad un lentino 10x

VVS1

Inclusioni molto, molto piccole, visibili con difficoltà con un lentino 10x

VVS2

Inclusioni molto piccole, visibili con difficoltà con un lentino 10x

VS1

Inclusioni molto piccole, visibili con un lentino 10x

VS2

Inclusioni piccole, visibili facilmente con un lentino 10x

SI

segni interni visibili con facilità da un operatore esperto

P1

Segni visibili con difficoltà ad occhio nudo

(1° piquée)

P2

numerosi segni visibili ad occhio nudo

(2° piquée)

P3

grandi e numerosi segni visibili a occhio nudo (3° piquée)

 

8.4 - Taglio (Cut)

 

Dopo la presentazione del diamante come minerale è opportuno accennare quei processi a cui esso viene sottoposto per essere utilizzato come gioiello e diventare brillante

Taglio a brillante ideale

 

Generalmente si chiama brillante il diamante tagliato da ogni lato a molte faccette

 

Le fasi di lavorazione o fasi di taglio del diamante sono le seguenti: il disegno, la sfaldatura, la sgrossatura, l'impostazione delle faccette, ed infine la lucidatura. La lavorazione del diamante è cambiata ben poco nel corso dei secoli dall'epoca in cui i tagliatori indiani scoprirono che stregando una pietra contro l'altra tutte e due le superfici opache diventavano scintillanti.

Avevano trovato i principi fondamentali del mestiere: per la sua durezza, il diamante poteva essere lucidato così da raggiungere uno splendore ineguagliabile; per la sua capacità di deviare, cioè di rifrangere, la luce e poteva essere modellato in modo da irradiare grande brillantezza e fuoco.

Un moderno maestro tagliatore talvolta analizza un diamante grezzo per giorni o addirittura settimane, facendo pure un modello in plastica o in piombo per trovare la grana nel cristallo e decidere come eliminare o minimizzare le inclusioni, che altrimenti possono ridurre la brillantezza della gemma e così il suo valore.

Nel processo di taglio e lucidatura, una pietra può perdere più della metà del suo peso e delle sue dimensioni. Ma con la sua luminosa bellezza, un gioiello più piccolo perfettamente lavorato può largamente superare in splendore uno più grande.

Il taglio più comune è quello a brillante, cioè un taglio rotondeggiante, a simmetria ottagonale, con almeno 57 faccette delle quali almeno 32, più la tavola, sulla corona e almeno 24 sul padiglione.

Il taglio a brillante fu inventato, già verso la fine del Seicento, dal veneziano Peruzzi: questo taglio, con le sue 57 faccette, risultò il più bello di tutti quelli precedenti, tanto da restare la forma di taglio più diffusa fino al nostri tempi.

Il classico taglio a brillante, è ancor oggi il punto di partenza per nuovi tagli e forme. La qualità del taglio deriva sempre dalle giuste proporzioni conferite a queste faccette. Solo quando vengono ricavate secondo un angolo corretto rispetto, esse possono conferire al diamante la sua incomparabile bellezza e permettergli di irraggiare il suo fuoco.

 

9 - Le Imitazioni del diamante

 

Ai non esperti può sembrare diamante una delle numerose pietre quali quarzo ialino, berillo, cassiterite, corindone incolore, topazio, e zircone incolore. Sul mercato si trovano perfino imitazioni in vetro, i cosiddetti strass.

Inoltre esiste una quantità di materiali che vengono usati come imitazioni del diamante: il rutilo sintetico, il titanato di stronzio, il corindone sintetico incolore, lo spinello sintetico incolore. Tra gli ultimi rivali si annoverano lo YAG (alluminato di ittrio), il GGG (gadoliniuni gallium gamet) e la Zirconia cubica. Ultimo nato di grande interesse la Moissanite sintetica.

Si conoscono anche doppiette di diamante (corona di diamante, padiglione di corindone incolore o quarzo ialino o pasta vitrea). Esistono inoltre anche doppiette di spinello sintetico su titanato di stronzio.

Si possono trovare in commercio anche diamanti naturali irradiati in vario modo per ottenere il miglioramento del colore (Nassau 1989).

 

Carattaristiche comparative tra diamante e pietre sintetiche incolori

 

Materiale

Durezza

Indice Rifrazione

Birifrangenza

Dispersione

Peso specifico

 

 

 

 

 

 

Diamante

10

2,42

nessuna

0,044

3,52

Moissanite

9,25

2,648-2,691

0,043

0,104

3,22

Corindone

9

1,770- 1,762

0,008

0,014

4.00

YAG = Granato di

Y e Al

8,5

1,83

nessuna

0,028

4,55

GGG = Granato di Gd e Ga

6,5

1,97

nessuna

0,045

7,05

Rutilo sintetico

6,0-6,5

2,62

0,287

0,330

4,26

Spinello Sintetico

8

1,73

nessuna

0,002

3,65

Titanato di stronzio

5,0-6,0

2,41

nessuna

0,190

5,13

Zirconia cubica

8,0-8,5

2,15-2,18

nessuna

0,058-0,066

5,56-6,00

 

10 - Diamanti sintetici

 

Nel 1970 furono prodotti dalla General Electric Company i primi diamanti sintetici qualità gemma.

Le caratteristiche di questi diamanti e della produzione successiva, furono accuratamente studiati. (Koivula e Fryer, 1984). Nel 1990 la Sumitomo Electric Industries ha prodotto singoli cristalli di diamante di notevoli dimensioni.

 

11 - Diamanti rinforzati  - “enhanced”

 

Si tratta di diamanti naturali sottoposti ad un trattamento che viene eseguito, al mondo, unicamente in due laboratori di New-York e Tel Aviv . Tecnicamente si tratta di un protocollo di vari trattamenti, escluso l'uso di radiazioni, non sempre applicati tutti insieme, studiato appositamente per ogni singolo diamante, con lo scopo di migliorarne l'aspetto e potenziarne le qualità (incremento dei colore con metodo Gepol, laser localizzato, riempimento di fratture e ritaglio). La disponibilità dei diamanti che subiscono questo trattamento va da ct 0,90 a oltre ct. 2,0: l'utilizzo di una caratura inferiore non sarebbe conveniente.

La purezza delle pietre varia da VS2 a SI, il colore da I a J, ma sono disponibili anche diamanti colarati gialli e marrone. Il prezzo é di circa il 50% in meno dei listini Rapaport. [http://www.pricescope.com]

E' un prodotto nuovo e interessante, difficile da reperire sul mercato, che offre un' interessante opportunità per soddisfare quella clientela che desidera un diamante naturale importante, ma non é disponibile ad un investimento troppo impegnativo.

12 - La storia della Moissanite

vedi Moissanite Story 

   

13 - Il commercio del diamante

 

La produzione e il commercio dei diamanti erano gestiti e controllati, sino a novembrte 2011, per l'80% da una società, conosciuta con il nome di Trade Diamond Corporation, o De Beers Consolidated Mines Limited. Il 4 novembre 2011 la famiglia Oppenheimer, sudafricani che controllano De Beers da quasi un secolo, ha ceduto la sua quota al gruppo minerario AngloAmerican per 3,2 miliardi di sterline (5,1 miliardi di dollari) in contanti.

Il gruppo Anglo American incrementerà così all'85% la propria quota in De Beers, in un'operazione che decreta la fine della presenza quasi centenaria della famiglia nel settore dei diamanti.

 

 

14 - Bibliografia

 

Andergassen W. 1982, Il diamante oggi. Paleani Editrice, Ronia.

 

Bauer M. 1968, Precious stones. Dover Publications Inc., New York.

 

Gurney J, Levinson A., Stuart Smith H. 1992, Marine Mininig of Diamonds of the West Coast of Southern Africa.

 

Gems & Gemology, Winter, 206-219

 

Gurney J., Levinson A., Kirkley M. 1992, Diamond source and production: past, present, and future. Gems &

 

Gemology, Winter, 234-254

 

Koivula J. e Fryer C.W. 1984, Identifying gem quality synthetic diamonds: an apdate. Gems & Gemology, Fall, 146-158

 

Nassau K. 1989, L'abbellimento artificiale delle gemme, Istituto Gemmologico Italiano, Nlilano

 

Mottana A. 1989, Fondamenti di mineralogia geologica. Zanichelli Editore, Bologna

 

Mottana A. 1990, Nuove vedute sull’origine del diamante. Cultura e scuola N° 114, 211-217

 

Schumann W. 1992, Guida alle gemme del mondo. Zanichelli Editore, Bologna

 

Shigley J., Fritsch E., Reinitz I., Moon M. 1992, An update on Sumitomi gem quality Synthetic Diamonds. Gems &, Gemology, Summer, 116-122.

 

Zancanella R. 1980, Il diamante: manuale pratico Istituto Gemmologico Italiano, Milano

 

 

 

 

 

Last modified: Venerdì 20 gennaio 2023